Intervista olimpica Manuel Lombardo: sentirsi libero per chiudere il cerchio
Buongiorno Manuel, presentati! Nome cognome categoria di peso e maggiori successi sportivi.
“Sono Manuel Lombardo, judoka della nazionale italiana, campione d’Europa a Lisbona 2021 e vicecampione del mondo a Budapest nel 2021 ed a Doha nel
2023”.
Il primo ricordo della parola Olimpiade, di quand’eri ragazzo e cosa significa oggi per te.
“Primo ricordo: sogno. Sono tanti anni che faccio questo sport, sembra ieri, ma sono già 23 anni ed il sogno è diventato piano piano obiettivo. Ad oggi è un brutto ricordo, che è ridiventato obiettivo ed ormai che Parigi è alle porte spero che diventi riscatto”.
Hai già vissuto l’esperienza dell’Olimpiade ed anche a causa della pandemia il ricordo non è dei migliori, ma come immagini possa essere questa a Parigi?
“Tokyo è un ricordo complesso nella mia testa, un insieme di mille cose, mille sfumature e penso di poter dividere la mia carriera in due parti, da quando ho iniziato a far judo fino a Tokyo e l’altra, dopo Tokyo. È stata, mio malgrado, il punto più basso della mia carriera, nonostante i maggiori successi li ho ottenuti proprio in quell’anno. Ma è proprio questo aspetto che rende speciale l’Olimpiade, l’atipicità rispetto tutte le altre gare, Europei e Mondiali compresi. Parigi oggi è una gara che mi emoziona e spero che questa seconda parte della mia carriera mi permetta di realizzarmi come judoka”.
Immagina che oggi sia il giorno della gara, quali sono le cose che fai e come le fai?
“Se oggi è il giorno della mia gara, quindi il 29 luglio, per prima cosa mi chiederei la mattina appena sveglio se ho fatto tutto bene. Sto lavorando molto per arrivare nella mia migliore versione possibile e quindi spero di rispondere sì a questa domanda. Questo mi porterebbe tranquillità, a prescindere dall’esito della giornata; quindi, mi concentrerei su ciò che va fatto bene. Poi uso la musica come uno strumento per accendermi, è l’elemento che mi dà i brividi prima di salire sul tatami e talvolta ti dà anche quell’ansia che può fare bene. Quindi insieme alla preparazione tecnica e fisica sul tatami, io ricerco anche la mia playlist giusta per la gara, e mi concentrerò su tutte queste piccole cose, l’alimentazione, l’emozione che cercherò di ritrovare nella musica e poi, quando salirò sul tatami, farò judo come faccio tutti i giorni”.
Qual è l’obiettivo di Manuel?
“Un Manuel orgoglioso ti risponderebbe: campione olimpico. Per tutti gli sportivi l’obiettivo è vincere, però io a Tokyo ho imparato cosa vuol dire fermarsi ai piedi del podio e per quanto mi riguarda, ha fatto molto più male che perdere al primo incontro. Il mio obiettivo, quello che sto facendo, è allenarmi per conquistare l’oro… però si dice: punta alle stelle e nella peggiore delle ipotesi cadrai sulla luna. Una roba del genere, quindi l’obiettivo è sì campione olimpico, ma apprezzo veramente il valore di quella medaglia, che è l’unica medaglia che mi manca”.
Quali sono le persone che ti sono vicine in questo percorso ed a loro cosa vorresti dire?
“Il judo è come la vita e ci sono momenti in cui si tocca il fondo e hai delle persone che non ti dicono che ti voglio bene, ma lo senti… ricordo che dopo Tokyo la mia testa era un caos totale, il buio, il vuoto e l’unica cosa che mi faceva alzare la mattina e mi faceva sentire apprezzato nonostante quello che era successo… mia mamma e mio papà! I miei primi tifosi ed avere delle colonne portanti nella propria vita è molto importante.
Mi sento molto fortunato di poter sempre contare sul loro appoggio, sono il mio numero uno”.
Chi vincerà nella tua categoria a Parigi?
“Vincerà chi quel giorno avrà nella sua testa tutto ordinato. Ordinato e al tempo stesso disconnesso da ciò che è Olimpiade. Io apprezzo molto Fabio Basile che, oltre ad essere un amico, è di grande ispirazione. E questa domanda mi riporta a quando vinsi il bronzo nel Grand Slam a Tokyo, dicembre 2023, medaglia della quale vado orgogliosissimo. La sera prima confidai a Fabio che non riuscivo più a proiettarmi sul podio, non riuscivo più a visualizzare. A quel punto Fabio condivise con me la prima sensazione della mattina della gara a Rio 2016. Io, mi disse, quella mattina quando mi sono svegliato, mi sono sentito libero. Mi ha fatto venire i brividi. Parole che, dette da lui, che è riuscito ad arrivare dov’è arrivato, che conosco praticamente da sempre, mi sono esplose come una bomba. E da quella volta mi hanno cambiato, e quando vado a correre con le cuffie, riesco a proiettarmi a campione olimpico. Se questo succederà o meno lo dirà solo il tatami di Parigi, ma dopo quelle parole di Fabio, adesso riesco a proiettarmi lassù”.
- Se a Parigi arrivasse una medaglia, a chi dedicheresti il primo pensiero?
“A me! Io ho già una frase nella testa, ma la tengo per me, perché mi piacerebbe scriverla se dovesse andare come voglio. Mi sento di dire che sarebbe un cerchio che si chiude; un cerchio che si è aperto moltissimo tempo fa, e rappresenta tutta la mia vita. Perché io faccio judo da quando ho memoria. Faccio judo da quando ho tre anni. Non ricordo niente, i primi allenamenti, le prime gare, io faccio judo da quando ho memoria. Tutti i miei amici fanno judo, i miei nipoti fanno judo, mio fratello fa judo, sono cresciuto a pane e judo. Sarebbe appunto un cerchio che si chiude e potrei dire che, anche da quel punto di vista, sarebbe una parte della mia carriera che si chiude. E ne comincia un’altra. Però sarebbe catartico”.