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Intervista a Roberta Chyurlia, l’arbitra italiana a Parigi 2024

Roma, 10 settembre 2024 – L’arbitro Roberta Chyurlia è stata tra i protagonisti italiani alle Olimpiadi di Parigi 2024, convocata per la seconda volta a dirigere gli incontri più importanti del judo mondiale. Figlia d’arte, dopo Tokyo 2020 e con Parigi 2024, Chyurlia ha eguagliato le due

presenze olimpiche del padre, portando prestigio e soddisfazione per il judo e per tutto lo sport italiano.

Chyurlia è stata anche il primo arbitro donna italiano ad andare alle Olimpiadi. Prima di lei, infatti, avevano ricevuto questo onore soltanto cinque uomini: Pio Gaddi (Montreal 1976, Mosca 1980, Los Angeles 1984 e Seoul 1988), Fulvio Aragozzini (Barcellona 1992), Giancarlo Celotto (Atlanta 1996), Pasquale Chyurlia (Sidney 2000, Atene 2004), e Massimo Sulli (Londra 2012).

Ma lasciamo la parola a lei: come è stata l’esperienza di questa tua seconda Olimpiade?

“Sicuramente un altro approccio. Da una parte la situazione esterna: Tokyo era in bolla e non c’era la possibilità di vivere l’Olimpiade appieno. Da questo punto di vista a Parigi l’approccio mentale è stato più libero, abbiamo avuto la possibilità di viverci la città, l’impianto sportivo era proprio sotto la Tour Eiffel. Dal punto di vista arbitrale, invece, la responsabilità era molto forte e l’approccio è stato di grandissima attenzione”.

Ci sono stati incontri particolarmente difficili? Come si gestisce lo stress in certe situazioni?

“Ho avuto la fortuna di arbitrare la prima finale per l’oro dei Giochi. Era forse l’incontro più complicato, anche perché con una francese in gara il pubblico era estremamente coinvolto. Attenzione e responsabilità sono state importanti. Tuttavia, per quanto riguarda lo stress in generale, onestamente non c’è differenza tra gli incontri quando si tratta di una competizione di tale livello. Anche ai preliminari si possono tranquillamente sfidare due atleti che, magari, un mese prima avevano disputato la finale dei Campionati del Mondo. Ed è successo. Ogni incontro è una finale: non si può arrivare con leggerezza al primo come non bisogna caricarsi di tensioni extra per la finale vera e propria”.

Alla seconda Olimpiade si può parlare di carriera olimpica. Questa influisce sul tuo modo di arbitrare in generale?

“Implica molti sacrifici. Ognuno di noi ha anche un altro lavoro, ma poi nei fatti l’arbitraggio a questi livelli è una professione. Da febbraio siamo coinvolti in tutte le competizioni IJF. Grazie alla mia famiglia posso continuare a lavorare anche come avvocato penalista, ma come supporto ai colleghi. Come arbitri siamo sempre in viaggio, le competizioni sono tante e c’è bisogno di costanza. Per chi lavora in un certo modo è davvero complicato”.

 

Tornando a Parigi, ci sono stati momenti di pressione per il corpo arbitrale. Prescindendo dagli addetti ai lavori, il pubblico ha mostrato disappunto in diversi momenti. Può significare che non ha capito o che non ha condiviso. Cosa ne pensi?

“Il pubblico francese è molto vicino ai propri atleti ma anche ai cosiddetti ‘big’, che loro, molto competenti, riconoscono come tali. Se c’è un campione che ha un incontro difficile o che perde per un verdetto al limite, hanno dimostrato il loro dissenso. Ma indipendentemente dai casi discussi, alcuni dei quali hanno coinvolto anche nostri atleti, bisogna capire che la struttura è composta da arbitri e da una serie di esperti che stanno lì per aiutare. Tutto è stato fatto secondo il regolamento vigente! Capisco che il pubblico olimpico era particolarmente coinvolto, ma lo standard di gestione è stato lo stesso dei Grand Prix o dei Grand Slam.

Anche a livello mediatico capisco… ci sono stati commenti, come in tanti altri sport, dalla scherma al nuoto, ma il regolamento è quello. Magari in futuro potrà essere migliorato o reso più fruibile per il grande pubblico. Di certo ci sono stati incontri molto difficile, molto tesi e al limite, che non si sono chiusi con una proiezione o con un punteggio tecnico. Quando si chiudono per differenza di sanzioni, lì parte l’incomprensione. Ma noi contiamo gli attacchi, contiamo quanto tempo le prese sono state tenute.

Ci tengo a dire che con la commissione nazionale ufficiali di gara stiamo cercando di fare un lavoro di formazione e informazione che sia il più esteso possibile: non solo agli arbitri ma anche a tecnici ed atleti. Non è facile, i tecnici sono impegnatissimi e danno tutto per i propri atleti. Ma dobbiamo provarci, anche perché il regolamento è uno di quegli aspetti che bisogna conoscere a fondo per far sì che diventi un’arma vincente proprio per l’atleta. Ci teniamo molto, anche noi come corpo arbitrale non vogliamo dire ‘è così e basta’ ma vogliamo confrontarci con le opinioni di tutti”.

Obiettivi futuri?

“Sì, voglio continuare ad arbitrare e cercare di mantenere questi standard. Aver fatto due Olimpiadi non è uno scherzo e voglio riuscire a continuare in questo percorso, raggiungendo altri obiettivi importanti”.

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